16/03/2010

Migrazione Domino->Google Apps tramite IMAP

Lo sappiamo tutti, la posta elettronica da una parte è fondamentale, dall'altra tende ad essere ritenuta da tutti gli utenti come un servizio banale, scontato e semplice.
Una volta forse era così, ora, tra webmail carpiate, sync dei dispositivi mobile, IMAP, POP, spam, blacklist e altre cazzate del genere, la posta elettronica è diventata tutt'altro che "Simple", alla faccia del "Simple Message Transfer Protocol".
Figuriamoci quando si tratta di migrare da un provider all'altro, generalmente si risolve tutto in un caotico bagno di sangue, in grado di far desistere anche il dirigente più assetato di migrazione.

Recentemente mi è capitato di seguire un processo del genere, la migrazione di alcune vecchie mailbox ad un account Google Apps Premiere.
Per fare questo Google offre innumerevoli tools, da una parte il tool di migrazione IMAP, dall'altro l'apposito tool sviluppato per migrare mailbox da IBM Lotus Domino.
Inutile dire che il primo metodo fallisce miseramente (dato che l'IMAP di Domino non è supportato, anche se con il resto del mondo funziona perfettamente… mah…), mentre il secondo fa uso di alcune librerie sviluppate da Microsoft che girano solo su Windows, ergo se il vostro server Domino gira su Linux "vi attaccate al tram e urlate in curva" :\

Ravanando in rete ho trovato il tool definitivo di migrazione tramite protocollo IMAP, molto semplicemente si chiama ImapSync.
Il suddetto tool non solo funziona con praticamente ogni sorta di combinazione possibile in termini di autenticazione (plain, login, md5), ma supporta tranquillamente connessioni tra server IMAP con TLS oppure senza, addirittura supporto regular expressions per la definizione di particolari combinazioni di folder o messaggi, oppure per la copia di una folder con un nome differente.

Giusto per fare un esempio, con questa sintassi ho migrato completamente delle mailbox da Lotus Domino a Google Apps, utilizzando sul primo server il protocollo IMAP in chiaro e in ascolto sulla porta standard 143, mentre sul secondo veniva utilizzato IMAP criptato in ascolto sulla porta 993.
Dato che Google Apps non permette la creazione di folder chiamate "Inbox" ho configurato anche la regexp per trasformare la folder "Inbox" in "InboxNotes"

imapsync \
–host1 relaydomino.pippo.com –user1 [email protected] \
–password1 passworddomino –authmech1 PLAIN \
–host2 imap.gmail.com –user2 [email protected] \
–password2 passwordgmail –authmech2 LOGIN \
–ssl2 –port2 993 –syncinternaldates \
–split1 5 –split2 5 –nofastio1 \
–regextrans2 's/^Inbox$/InboxNotes/'

Imapsync è sviluppato in perl e pertanto funziona su praticamente ogni piattaforma, richiede tempi di installazione e configurazione pressochè nulli, al massimo qualche modulo perl facilmente riperibile tramite cpan.

07/03/2010

Stalker: Call of Pripyat

Ieri ho concluso "Call of Pripyat", la mia terza avventura nella Zona dopo il bellissimo "Stalker: shadow of Chernobyl" e il penoso "Stalker: Clear Sky".
Mi ha fatto un grande piacere notare come i ragazzi della GSC, forse memori del clamoroso buco nell'acqua rappresentato dal secondo capitolo della serie, abbiano trovato l'umiltà di fare un passo indietro e riproporre una meccanica di gioco forse più vecchia ma sicuramente più divertente.

Questo Call of Pripyat rappresenta una sorta di ritorno alle origini per la serie Stalker, con Clear Sky gli sviluppatori hanno cercato di espandere lo schema di gioco da una avventura solitaria a una guerra interattiva tra fazioni (riuscendoci per altro malissimo…), per fortuna in questo ultimo capitolo della serie hanno riportato il gioco ad essere "player-centrico".
Anche la storica rivalità tra le fazioni "Freedom" e "Duty" è stata ridotta ai minimi termini, limitando le schermaglie a innoque battutine ai tavoli di un rifugio-locanda nel cuore della Zona.

Con Call of Pripyat il giocatore ritorna al centro della scena, bando quindi all'indecisione nell'intraprendere questa o quell'azione per aggraziarsi i favori dell'una o dell'altra fazione, la parola d'ordine è tornata ad essere "esplorazione".
L'area di gioco è relativamente grande e suddivisa in tre macro zone, la prima a prevalenza paludosa, la seconda pianeggiante e ricca di strutture (basi, laboratori, fabbriche etc etc..), la terza totalmente urbana (la città abbandonata di Pripyat).
L'atmosfera è come sempre molto intensa, la sensazione di desolazione e di mistero satura ogni angolo del gioco, tanto da indurre nel giocatore un piacevole e sincero senso di cameratismo e calore umano ogni qual volta questo incontri un gruppo di npc oppure faccia ritorno alle basi dove gli stalker si radunano.

Le creature e le anomalie presenti nella zona non fanno altro che aumentare quel senso di desolazione e di pericolo improvviso che pende sulla testa degli stalker come una spada di Damocle; esattamente come loro, gran parte dei mostri (quantomeno dei più impegnativi) è solitaria, isolata e invisibile, colpisce al buio per poi sparire con velocità, il che rende ancora più tesa l'esplorazione della Zona.

Le armi sono sostanzialmente le stesse rispetto a Clear Sky, per fortuna gli sviluppatori hanno deciso di mantenere gli unici aspetti positivi del precedente capitolo della serie, ovvero le modifiche alle armi e le improvvise emissioni.
Le modifiche si possono effettuare solo presso i pochi tecnici presenti nelle aree di gioco, ciascuno dei quali offrirà i propri servizi solo a determinate condizioni e prezzi. Prima di tutto è necessario procurare al tecnico gli opportuni strumenti di lavoro, completando poi alcune quest sarà possibile ottenere sconti per le riparazioni e le modifiche alle armi.
Le emissioni invece sono fenomeni già visti in Clear Sky, consistono in improvvise scariche di energia che si propagano attraverso la zona, costringendo ogni forma di vita a trovare un riparo ben protetto per non morire. La cosa interessante è che dopo ogni emissione la posizione di alcune anomalie può variare, e in corrispondenza di alcuni gruppi di anomalie si possono generare nuovi manufatti da saccheggiare e sfruttare a proprio vantaggio.

Concludendo devo ammettere di essermi proprio divertito con questo "Stalker: Call of Pripyat", ho amato parecchio il primo gioco della serie a causa delle sue meccaniche, del mix di elementi fps e crpg, della sua natura essenzialmente esplorativa, e soprattutto per la sua atmosfera davvero unica.
Confesso che la delusione provata con Clear Sky ha in un certo senso amplificato il mio giudizio positivo per Call of Pripyat, un gioco che di certo non è innovativo e di certo non aiuterà ad attirare nuovi giocatori, ma che rappresenta sicuramente un grande ritorno nella Zona per quanti si sono affezionati al primo Stalker.
Call of Pripyat prende quasi tutto il meglio di Shadow of Chernobyl (la trama non è altrettanto misteriosa e interessante) e quel poco di buono che è stato introdotto in Clear Sky (modifiche alle armi ed emissioni), tecnicamente ormai dimostra tutti gli anni della serie ma rappresenta ancora oggi una delle migliori soluzioni grafiche per scenari di ampio respiro.

Consiglio vivamente l'acquisto a tutti coloro che si sono divertiti con il primo Stalker, per i neofiti della serie consiglio di cominciare con quest'ultimo e poi magari provare Call of Pripyat.

14/02/2010

A pale blue dot

Il 14 Febbraio 1990 fu dato ordine alla sonda Voyager, ormai giunta oltre i confini del nostro sistema solare, di ruotare su se stessa e fotografare.
Le immagini che furono trasmesse alla nasa non mostrarono niente di nuovo, si videro oggetti già conosciuti, mostrati però da una prospettiva diversa…
Tra questi spiccava un pallido punto blu, una frazione di pixel che ispirò il grande Carl Sagan a scrivere queste bellissime parole:

"Look again at that dot. That's here. That's home. That's us.
On it everyone you love, everyone you know, everyone you ever heard of, every human being who ever was, lived out their lives.
The aggregate of our joy and suffering, thousands of confident religions, ideologies, and economic doctrines, every hunter and forager, every hero and coward, every creator and destroyer of civilization, every king and peasant, every young couple in love, every mother and father, hopeful child, inventor and explorer, every teacher of morals, every corrupt politician, every "superstar," every "supreme leader," every saint and sinner in the history of our species lived there–on a mote of dust suspended in a sunbeam."

Continua…

03/02/2010

RI-RI-ROTFL

31/01/2010

The Elder’s Scroll III: Morrowind

Correva l'anno 2002, il mondo si risvegliava dopo l'incubo dell'11 settembre, in Italia era l'anno dei girotondi, degli scontri sull'articolo 18, l'anno del tracollo finanziario argentino e di tanti altri eventi che hanno segnato la storia di questo inizio di secolo.

Dal punto di vista videoludico il 2002 però verrà sicuramente ricordato per l'uscita di uno dei titoli che più hanno segnato, non solo il proprio genere, ma la storia dell'intera arte videoludica.
Il titolo in questione fu "The Elder's Scroll III: Morrowind".

Da parte mia non accolsi Morrowind con grande calore, ai tempi ero uno dei tanti fieri possessori di schede video 3dfx Voodoo3 3000, l'erede di una stirpe gloriosa di acceleratori grafici, forte della sua autonomia e della sua storia, ma che ahimè andava a cozzare con il titolo in questione.
Anzi, ad essere sincero provai rabbia nei confronti di Bethesda per aver scientificamente scelto di escludere buona parte dei suoi fan per una stupida scelta di marketing che avvantaggiava la viscida concorrenza NVidia, passai ore e ore disquisendo di questa scelta inutile e controproducente su forum e newsgroups…

Parecchio tempo dopo, a seguito di un upgrade del comparto video, potei finalmente mettere le mani sul titolo in questione. All'inizio non furono certo rose e fiori, i bug erano tanti, le lacune quasi incolmabili, e sembrava che ad ogni difetto ci fosse una soluzione solo tra siti di modding e forum di appassionati, ovunque tranne che sul sito ufficiale.
Lo giocai, le esplorai in lungo e in largo, lo terminai, ma nonostante la magnificenza, la complessità e la grandiosità del progetto non seppe mai soddisfarmi come il suo glorioso predecessore "Daggerfall".
Mi rimase in bocca il classico sapore amaro delle occasioni perdute, delle opere lasciate a metà, di fronte alla perfezione dei titoli che l'avevano preceduto (Baldur's Gate & C) o che si stavano affacciando sugli scaffali (Neverwinter Nights), il neonato titolo Bethesda risultava trasudare pressapochismo dovuto non tanto all'incapacità del team di sviluppo, ma alla eccessiva difficoltà dell'obbiettivo da raggiungere. Insomma lo considerai (e considero ancora oggi) il classico passo più lungo della gamba…

Però si sa, al destino non manca il senso dell'ironia… Passò la proverbiale acqua sotto gli altrettanto proverbiali ponti, e un giorno, nel bel mezzo della mia collaborazione con il mitico Lello "Wolverine" Sarti su RPGPlayer.it, venni in contatto con quello che diventerà il più famoso gruppoitaliano  di traduzione amatoriale videoludica, l'Italian Translation Project (ITP).
Il gruppo, capitanato dall'infaticabile Daniele "Falcocadarn" Falcone, si era già fatto le ossa con la traduzione di un'altra pietra miliare del genere crpg, quel Planescape Torment (di cui potete trovare la traduzione qui) che ancora oggi rappresenta la punta di diamante del filone "narrativo" del gener; e così, tra un meeting genovese e l'altro, tra una lasagna al pesto e un pezzo di focaccia, decisi di partecipare.
Il caso volle che il nuovo obbiettivo fosse proprio quel celebre Morrowind che mi ero lasciato alle spalle senza troppo entusiasmo, di nuovo un guanto di sfida lanciato da Bethesda :)

E fu così che dopo innumerevoli nottate di lavoro vide la luce questa leviatanica traduzione, un capolavoro (imho) forse più del titolo stesso oggetto della traduzione, uno sforzo che spero venga apprezzato e che vi ripropongo di nuovo in coppia con Cristian "Skyflash" Castellari, anch'egli membro del team di traduzione.
Spero che questo piccolo spazio possa servire a qualche nuovo giocatore in erba ad apprezzare il lavoro svolto da Bethesda, ma soprattutto possa fargli capire quanta dedizione e sacrificio siano stati infusi in questa traduzione da tutti i ragazzi, volontari e non retribuiti, che hanno partecipato traducendo, organizzando, coordinando, insomma rendendo possibile questa grande opera.

Un grazie di nuovo a Cristian Castellari che è riuscito a riesumare la traduzione delle nebbie della rete (a volte più fitte che in quel di Barovia…).

SCARICA LA TRADUZIONE DI MORROWIND E BLOODMOON by ITP
(md5sum 85fb6dc092bf23158ae90415a0739662)

SCARICA LA TRADUZIONE DI TRIBUNAL by ITP
(md5sum 34415d8c98dd0659aea1e9b15e5ed93a)

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