12/07/2012

Digital delivery

Ho sempre avuto un pessimo rapporto con quello che oggi pomposamente si definisce “digital delivery” (DD).

Per me un videogioco ha sempre rappresentato una passione, un piacere, non solo per il prodotto digitale in se, ma anche per il più tradizionale e feticista aspetto materiale.
Già perchè i miei giochi me li godo, li finisco praticamente sempre (le eccezioni le conto sulle dita di una mano) e amo collezionarli, amo vederli in bella mostra ricoperti da quel sottile velo di polvere che si infila tra una confezione amaray e l’altra.

Amavo alla follia le vecchie confezioni, quelle di una volta, quando tornavi a casa con il videogioco nuovo nella sua bella scatolona, con gadget, manuali, supporti ottici o magnetici (insomma i floppy disk per capirci…).
Assaporavo l’apertura della scatola delle meraviglie, e periodicamente tornavo a riesumarla dallo scaffale di turno, riguardando i gadget, quella mappa in stoffa di Britannia, quel curioso sistema anticopia delle avventure Lucas Arts, piuttosto che il “nastro” di cd di Baldur’s Gate, il manuale di Indycar Racing o i floppy di Day of the tentacle.

Quando le belle confezioni di una volta sono state sostituite dai pratici ma asettici box amaray mi sono veramente incazzato, all’inizio li ho rifiutati rifugiandomi nel falso mito della pirateria “di protesta”, poi gioco dopo gioco vedere quelle confezioni ordinate e impilate una sopra l’altra, ognuna con la sua costina, tutte uguali ma diverse… beh quella visione ha riacceso la fiamma feticistica del collezionismo.

Ora qualcuno dirà che tra un po’ anche vedere la lista dei miei giochi su Steam farà lo stesso effetto, se così fosse dovete spiegarmi perchè gli unici giochi che io abbia comprato e non abbia mai toccato (o al massimo giocato un paio d’ore) sono proprio prodotti distribuiti in DD da Steam.
Gli altri giochi che ho registrato in Steam ma che ho fisicamente comprato li ho tutti finiti, quelli invece distribuiti unicamente in DD sono intonsi, immobili, non mi provocano alcuna emozione, non li sento miei, mi provocano le stesse emozioni di un discorso di Mario Monti, encefalogramma piatto.

E poi quella domanda subdola e ricorrente che non fa che tornarmi in mente ogni volta che sento parlare di DD come del futuro ineluttabile della distribuzione.
Perchè dovrei spendere di più (i prezzi dei videogiochi distribuiti in DD sono mediamente molto più alti delle controparti distribuite su supporto fisico) per avere lo stesso, sobbarcandomi una serie di costi impliciti (linea ADSL intasata per il download per giorni, PC da gaming acceso ininterrottamente per giorni con i suoi 160W di assorbimento in idle) e subendo una serie di disagi?

E’ fin troppo evidente che c’è qualcosa che non va se il modello di distribuzione tradizionale (che include stampa dei supporti, confezionamento, trasporto, distribuzione all’ingrosso e distribuzione al dettaglio) costa meno di un altro modello (il DD) che non prevede tutte queste fasi ma si basa su un servizio centralizzato di download digitale.
Non so come la pensate ma io mi sono stufato di farmi prendere per il culo da costoro e dai profeti del “non puoi farci niente, è il futuro”… stronzate.

05/07/2012

Starcraft II Wings of liberty

E’ da parecchio tempo che volevo parlare di questo gioco, non ricordo nemmeno più quando ho cominciato a girarci attorno, controllando a ricontrollando i soliti store online per ritrovarmelo sempre a cifre folli…

Ho sempre resistito pensando che prima o poi sarebbe sceso ad un prezzo umano, poi di fronte all’evidenza della sconfinata taccagneria targata Blizzard ho ceduto e l’ho comprato, addirittura in edizione digitale… errore numero 1.

Conservo un ottimo ricordo del primo Starcraft, sebbene sia sempre stato più affezionato al filone “Command & Conquer” piuttosto che alle serie rts Blizzard, l’ho sempre ritenuto un ottimo rts, equilibrato, vario, sufficientemente lungo e ben curato.
Memore degli aspetti positivi del predecessore ho affrontato questo sequel con le migliori intenzioni (e ce ne vogliono per sborsare la bellezza di 40 euro per un gioco vecchio di due anni abbondanti…) e fin da subito ho capito di aver fatto un grosso errore, per la precisione il numero 2.
Già perchè nella mia ignoranza crassa, supina, turpe e vergognosa mi ero illuso che questo secondo capitolo della serie proponesse una struttura simile, con campagna terran, protoss e zerg; immaginate l’orchimegalociclosi (termine scientifico per indicare una rotazione testicolare di scala incommensurabile…) che mi ha preso quando ho scoperto che in realtà non solo il gioco è composto da 26 misere missioni, ma che queste sono praticamente tutte affrontate con la fazione dei terran!
Mea culpa il non essermi informato prima… però che diamine… VENTISEI missioni?!?!?

Leggendo qua e la incazzandomi col mondo intero vengo a sapere che in realtà le missioni single player sono una formalità, la vera essenza di Starcraft II è il multiplayer… eh beh “thanks to the dick” verrebbe da dire…
Altro errore da parte mia (e siamo a 3…) ma quelle sanguinosissime 40 euro quindi come si giustificano? E mi spiegate che c’azzecca con questa definizione un gioco che nella sua precedente incarnazione ha fatto del single player la sua ragion d’essere e il vero motivo del suo successo?

Tra me e me penso “vabbè ormai la cazzata l’ho fatta, vediamo almeno di goderci queste poche missioni della campagna single player, del resto vista la quantità industriale di elogi che si è beccato questo titolo devono davvero essere dei mini capolavori…”.
Come diceva quel proverbio? Non c’è due senza tre, e il quarto vien da se?
Ecco quarta cazzata, perchè dovete sapere che non solo le poche missioni sono velocissime (alcune addirittura a tempo), ma addirittura sono del genere ad obbiettivo forzato.

Per capirci si tratta di missioni dove il giocatore è obbligato a raggiungere determinati obbiettivi seguendo tappe obbligatorie spesso da completare nel più breve tempo possibile; insomma se come me adorate le classiche missioni dove 1) creare una base 2)svilupparla 3)creare una difesa impenetrabile 4)creare la più invincibile forza di attacco che possiate immaginare 5) devastare la base avversaria, scordatevi di Starcraft II.
In questo gioco le missioni che troverete saranno quasi tutte con obbiettivi predeterminati e specifici, dovrete difendere qualche miserabile colono in fuga che non è mai in grado di provvedere alla propria sicurezza, dovrete partecipare a qualche assurda caccia al tesoro raccogliendo risorse il più velocemente possibile, dovrete attaccare degli inutili convogli che prima o poi passeranno a prescindere dallo stato della vostra forza d’attacco o della vostra base.
Capiamoci, io non dico che tutte le missioni di un rts debbano essere strutturate tutte nello stesso modo rispettando i miei canoni e le mie preferenze, ma per lo meno mi aspetto un po’ di equilibrio, un mix ragionato di missioni di stampo classico (crea base, crea difesa etc etc etc…) con missioni ad obbiettivi.

Osservando le unità disponibili in game devo ammettere di non aver trovato niente di eclatante ne in positivo ne in negativo.
Si tratta del solito mix di unità estremamente utili e unità estremamente inutili, ragion per cui alla fine vi ritroverete ad usare sempre quelle 2 o 3 più potenti ignorando tutto il resto.
Unico aspetto carino è la possibilità di migliorare le unità e alcune strutture con due upgrade acquistabili mediante crediti (da accumulare completando missioni e obbiettivi secondari), oppure sviluppare dei piani di ricerca basati si tecnologia protoss e zerg con sblocco di ulteriori upgrade, oppure la possibilità di assoldare unità mercenarie speciali da dispiegare sul campo (feature imho inutile che non ho mai sentito la necessità di utilizzare).

La storia! Stavo quasi per dimenticare questo imprescindibile pilastro di questo genere di videogiochi.
Da questo punto di vista Starcraft II è fedele allo stile Blizzard, storie banalissime ed estremamente pompose, personaggi stereotipati all’inverosimile, cutscene altrettanto fasulle e battute ad effetto che ormai sanno di vecchio, anzi di preistorico al punto da dare l’impressione di una certa ripetitività.

Dal punto di vista tecnico il gioco fa il suo sporco lavoro in modo piuttosto egregio, anche se chiaramente giocarlo su configurazioni attuali non può che restituire un’esperienza di fluidità estrema.
Giusto per avere un termine di paragone il gioco ha girato sul mio pc (cpu Intel E8400@4GHz, 4GB di ram, GPU Radeon HD7850) senza mai mostrare alcun tentennamento a dettaglio massimo e risoluzione 1920×1200.

In conclusione non posso che bocciare sonoramente il tanto osannato Starcraft II, ennesima dimostrazione della totale e pietosa sudditanza della stampa specializzata (web e cartacea) nei confronti delle grosse case di produzione.
Il gioco è composto da un numero ridicolo di missioni single player strutturate in modo totalmente assurdo e non equilibrato, con personaggi stereotipati e una storia che nella migliore delle ipotesi possiamo definire banale.
In pratica si tratta di un client multiplayer per Battle.net venduto al prezzo di un gioco single player mantenendo artificiosamente il prezzo a livelli scandalosamente alti per un lasso di tempo ingiustificabile.
Se come al sottoscritto non vi interessa giocarlo in multiplayer girateci alla larga e non fatevi infinocchiare dai fanboys Blizzard :(

03/07/2012

Il campagnolo notturno

Le ultime settimane per me sono state un vero tour de force.

Io e i colleghi (un grazie in particolare al sempre presente Matteo e al provvidenziale Roberto!) abbiamo affrontato la casistica di disaster recovery più grave mai verificatasi presso il cliente da cui stiamo lavorando, il tutto mentre il sottoscritto stava attraversando un periodo non proprio felice dal punto di vista fisico, stress, pressione alta, ancora stress e clienti che alitano sul collo aspettando di sapere se il lavoro di anni è stato miracolosamente salvato oppure se si dovrà ricostruire tutto dalle macerie.
Come se non bastasse tutto questo è capitato in momento di grande intensità legata ad alcune importanti scadenze, il cui risultato sarebbe potuto seriamente risultare compromesso da un fallimento nelle attività di cui sopra…

Per fortuna tutto si è risolto per il meglio grazie a tanto lavoro, tanto impegno, tanto sangue freddo, una buona dose di esperienza e quel pizzico di fortuna che nella vita ci vuole sempre ;)

Confesso però che nei giorni di massima tensione ero talmente stressato che il solo pensiero di tornare a casa e rimettermi al pc anche solo per controllare la posta, scatenava in me una sorta di repulsione, una specie di rigetto istintivo, una cosa che ho sperimentato davvero poche volte in vita mia.
Così, un po’ per “staccare la spina”, un po’ per cercare frescura in queste settimane afose ho preso a fare una cosa che non facevo da… a occhio e croce da vent’anni a questa parte: mi sono armato di ciabatte, bicicletta, cane e me ne sono andato a fare qualche giretto in campagna.

Chiamatemi matto (del resto non saprei come definire uno che a mezzanotte passata se ne va a fare un giro in campagna col cane…) ma quell’oretta scarsa immerso nella calma dei campi è stato come un toccasana, specialmente in quelle giornate così cariche di tensione, forse è grazie anche a questo che sono riuscito a superare con successo questa importante prova.

E sapete una cosa? Ci ho preso talmente tanto gusto che ora mi capita sempre più spesso di andarmi a fare queste scampagnate notturne.
Quanti di voi possono affermare di aver visto la propria ombra proiettata dalla luna piena nell’ultimo mese? Ultimo anno? Ultimi 10 o 20 anni?

A me è capitato questa sera, in questa bella serata fresca, mentre i campi venivano irrigati dai fossi tracciati di fresco, ballonzolando sulla sella della mia fedele Legnano tra un campo di mais e uno di fieno tagliato da poco; tra il profumo dell’erba essiccata e quello della terra umida dissetata dall’acqua, ho rivisto le lucciole fare da guida mentre svolazzavano su cespugli d’ortiche ai lati di una mulattiera.
Mi viene un nodo alla gola se ripenso a quanto tempo ho lasciato passare dall’ultima volta che ho vissuto così la mia campagna, troppo impegnato tra studio e lavoro, città e passioni, hobby e amici; quanto tempo è passato dai tempi in cui facevo il bagno nei fossi o nei fontanili insieme agli amici del paese? Quanto tempo è passato da quando si nascondevano i giornaletti sconci in un pertugio invisibile nel letto prosciugato di un fosso? Quanto tempo è passato dai pomeriggi soleggiati passati a girare tra i campi esplorando le baracche o i rifugi dei cacciatori?

Quanti ricordi conservano questi luoghi, forse serviva proprio un periodo di stress ai limiti per spingermi a riscoprirli, e ora che li ho ritrovati non li voglio più perdere…