29/11/2014
Non è un paese per Sam
Quoto Crozza, l’Italia è un paese di bifolchi!
Quoto Crozza, l’Italia è un paese di bifolchi!
Generalmente preferisco non usare troppe estensioni sui miei browser (principalmente Firefox e Chrome) per non ritrovarmi i browser “seduti” oppure per rendere un eventuali disinstallazione e reinstallazione snella e veloce (guardacaso mi è successo pochi giorni fa dopo l’ennesimo upgrade di Firefox).
Une estensione di Firefox a cui però non riesco proprio a rinunciare è MM3 Proxy switch, che come suggerisce il nome serve ad attivare, disattivare o cambiare impostazioni del proxy in modo pratico e veloce.
Esistono parecchie altre estensioni che fanno tutto questo, ma tra tutte quelle che ho provato questa mi è sempre sembrata la più leggera e semplice da usare, riassumendo: un click per attivare il proxy, un click per disattivare il proxy, una dropdown per selezionare i vari profili e un file di configurazione semplice da editare al volo.
Essendo una estensione di Firefox utilizza la stessa sintassi per definire le eventuali esclusioni di indirizzi, sottoreti, hostname o domini, se doveste avere dubbi trovate una veloce guida a questo link.
Come dicevo poco sopra la sintassi della configurazione è decisamente semplice, ogni profilo è delimitato da parentesi quadre, è possibile definire un proxy differente a seconda del protocollo utilizzato (http, ftp, ssl o socks) oppure per tutti i protocolli (all) e infine definire le esclusioni (noProxy).
[Proxy1 all=10.0.0.1:8080 noProxy=127.0.0.1, 10.0.0.0/8, 81.82.83.0/24, dominio.tld, ced.azienda.local clear=cache ] [Proxy2 http=10.0.0.2:3128 http=10.0.0.2:3128 ftp=10.0.0.3:80 noProxy=127.0.0.1, 10.0.0.0/8, 81.82.83.0/24, dominio.tld, ced.azienda.local clear=cache ] [SocksSSH socks=127.0.0.1:777 config:network.proxy.socks_remote_dns=true noProxy=127.0.0.1, 192.168.0.0/24, domain.external.local clear=cache ]
Ottimo software imho, l’unica miglioria possibile potrebbe essere quella di aggiungere una direttiva di configurazione che permetta di lanciare uno script al cambio di profilo, pensiamo ad esempio all’avvio di una connessione ssh che incapsuli il traffico del proxy (via http o socks, vedi ad esempio il profilo SocksSSH di esempio con proxy socks in ascolto sulla porta 777) .
Amo le serie tv, le amo da quando si sono sganciate dal classico modello anni ’80 con puntate tutte uguali, le guardo a prescindere dai difetti e dalle incongruenze spesso affezionandomi ai personaggio e ignorando le incongruenze o i voli pindarici degli scenaggiatori.
Ne ho viste molte, diverse mi sono piaciute, poche mi hanno deluso profondamente, di certo però le mie preferite sono X-Files, Star Trek Voyager e ER medici in prima linea.
Oggi ho terminato di vedere la quindicesima e ultima stagione di ER, l’unica serie tv che abbia visto per intero ben due volte.
Ricordo con piacere gli anni in cui la serie veniva trasmessa in prima serata su RAI2, mi isolavo dal mondo, scappavo dal trambusto di casa rifugiandomi nell’appartamento di mia nonna e mi godevo le canoniche due puntate tutte l’un fiato per rimanere in trepidante attesa per i successivi 7 giorni.
Era un rito, era un piacere, la trama, l’ambientazione così lontana da tutti quei cloni con la puzza sotto il naso come il celebre e patetico Dr. House o Grey’s anatomy, i personaggi così vivi e reali, tragici nelle loro vicende personali e legati tra loro quel tanto da creare vicende interessanti ma non tanto da essere asfissianti come in una soap opera.
Qualche mese fa facendo zapping sono incappato su non so quale canale dove stavano trasmettendo una puntata delle prime stagioni, e li è scattata di nuovo la scintilla, ho affilato la carta di credito, mi sono fatto spedire tutti i cofanetti dvd e me le sono sparate tutte, tutti i 331 episodi uno dietro l’altro senza sosta e con grande, grande piacere.
Credo che questo sia sufficiente per dimostrare il mio affetto nei confronti della creatura di Michael Crichton, ragion per cui ho deciso di farne un mio personalissimo My2Cents
ATTENZIONE, da qui in avanti seguono spoiler senza ritegno!
Trovandomi spesso a lavorare con vecchi catorci non è infrequente che abbia a che fare con vecchi database Oracle 9i a cui puntalmente manca storage (o quantomeno non avanza mai…).
Spesso poi si tratta di database che girano in modalità no archivelog (e non sia mai che si modifichi una virgola di un servizio che funziona, nemmeno quando può migliorare sensibilmente la vita e la manutenibilità del servizio… :\ ) e su cui l’unica forma di backup è la classica export omnicomprensiva (tanto poi in caso di disastro c’è sempre il dba pirla che ricostruisce tutto e importa il dump…).
A questo aggiungete che solo da Oracle 10g è possibile effettuare export compresse mediante data pump, ecco quindi che si rende necessario adottare i cosidetti “accrocchi con gli stecchini e nastro adesivo”, insomma una sorta di puntata di MacGyver in salsa Oracle…
Ecco quindi la soluzione, utilizzare il buon vecchio mknod per creare una pipe in cui infilare l’output del dump, redirigendo l’output su gzip, redirigendo l’output dello stesso su filesystem sottoforma di file compresso.
Detto così sembra complicato, in realtà si tratta del solito gioco di scatole cinesi e redirezioni di output (non di uno stream di testo ma di binari, la sostanza non cambia), quello che mi sono sempre chiesto è perchè Oracle non abbia mai rilasciato un piccolo aggiornamento per fare quello che qualsiasi server unix like può fare dalla notte dei tempi… e Mr Ellison non mi venga a dire che gli mancano le risorse…
Ovviamente il suddetto script bash funziona esclusivamente su GNU/Linux o sistemi operativi unix like, se usate Oracle su Windows non vi resta che cospargevi il capo di cenere, attaccarvi al tram e urlare in curva :D
export ORACLE_SID=<SID DATABASE> dstr=$(date '+%Y%m%d-%H%M%S') exp_dir=<DIRECTORY DESTINAZIONE EXPORT> pfile=$exp_dir/p$dstr dmptempl=$exp_dir/${ORACLE_SID}_ dmpfile=${dmptempl}$dstr.dmp.gz logfile=${dmptempl}$dstr.log
$(which mknod) $pfile p cat $pfile | $(which gzip) -6 -c > $dmpfile & exp <UTENTE>/<PASSWORD> file=$pfile full=y direct=y consistent=y \ recordlength=65535 buffer=20000000 log=$logfile statistics=none rm -f $pfile
Sta facendo un gran parlare di se il trailer di Hatred, ovvero questo simpatico sparattutto in terza persona dove l’obbiettivo sembra essere semplicemente quello di sterminare ogni forma di vita.
Giusto ieri stavo leggendo un post sull’Angolo di Farenz intitolato appunto “Hatred e il senso di giocare“, volevo inserire un commento, ma visto che non ho tempo ne voglia di attendere che qualcuno mi attivi l’account ho deciso di scrivere qui quello che penso di quel post e di quel poco che si sa del gioco.
Iniziamo col dire che anch’io come l’autore del post non sono particolarmente disturbato dal ruolo che il giocatore dovrà ricoprire nel titolo in questione, insomma anche per me non fa ne caldo ne freddo andare in giro a freddare innocenti in un videogioco.
Quello che non condivido è quanto viene detto dopo, io non trovo ridicolo proporre titoli del genere, non trovo che siano scandalosi, e francamente non me ne può fregare nulla del loro presunto valore educativo o diseducativo (ogni adulto è responsabile per se stesso, i minori non sono un mio problema ma dei genitori).
Trovo questo atteggiamento decisamente ipocrita, l’autore non vuol dire che il gioco è scadaloso o sconvenientemente violento perchè sarebbe troppo “matusa” (o simile ai soliti giudizi dei media tradizionali), così mena il can per l’aia pur di demolirlo senza sapere nulla (perchè dal trailer non si deduce nulla dei mille aspetti con cui valutare un videogioco); semplicemente si limita a demolire un titolo sconosciuto dicendo che il massacro è fatto “così a cazzo”, senza motivo.
Ma scusate cari compari dell’Angolo, che mi dite delle migliaia di titoli più o meno acclamati dove il giocatore è costretto a fare cose “a cazzo”?
La ragione vera è che questo gioco si basa su una violenza gratuita e inspiegabile, violenza come fine e non come mezzo che spaventa e innorridisce l’autore e tanti che hanno commentato negativamente, smontando in anticipo un gioco che fin’ora nessuna ha avuto modo di provare.
Io in questo ci vedo molta ipocrisia (o per dirla alla Farenz, “faccia di culo”), per anni si è giustamente risposto alle accuse di violenza nei videogiochi ripetendo che il mondo dei videogiochi e quello reale sono due cose distinte, ora che un videogioco non solo propone la violenza ma nel modo più crudo e spaventevole (per il semplice fatto che è senza motivo) si accampano scuse e si cerca un “non motivo” per screditare il videogioco.
La realtà è che la violenza gratuita e ingiustificata nel mondo esiste, la troviamo nella storia come nella cronaca, e proprio perchè ingiustificata ci spaventa e rappresenta un tabù.
Io non trovo nulla di scandaloso nel proporla in un videogioco, anzi nel costruirci un videogioco attorno, anzi trovo che sia una operazione normale (visto che è già stata fatta per tantissime altre forme artistiche) che può aiutare ad esorcizzare questa paura e forse a superare questo tabù.
Forse i media dovrebbero riflettere un po’ più sul perchè questo tipo di violenza ci spaventa così tanto, perchè genera risposte così violente (questa si violenza reale, anche se solo scritta) ogni volta che viene inserita in una forma artistica (videogioco, film, libro, musica o altro), penso sarebbe una discussione ben più matura e utile rispetto allo starnazzare dietro a un videogioco.