13/09/2010

Ipocrisia giornalistica

In questo triste e uggioso lunedì di metà settembre mi è cascato l’occhietto su un curioso articolo sfornato da Repubblica.it e dedicato al mondo dei videogiochi, argomento tanto raro da trovare tra i media tradizionali, quanto bistrattato dagli stessi…
L’articolo si intitola “Tanti auguri PlayStation quindici anni di capolavori“, già da questo si intuisce la nemmeno troppo velata vena “sdraiata” del suddetto pezzo scritto da un tale Tiziano Toniutti, personaggio che non conosco, ma che dice molto di se nel suo blog pieno zeppo di iPod, iPad e altre diavolerie piene di mele morsicate che fanno tanto “esperto hi-tech alla moda”.

Non voglio criminalizzare il Toniutti per quei 6000 e rotti caratteri di banalità e copy&paste presi paro-paro da Wikipedia, del resto tutti hanno il diritto di pagarsi il mutuo come meglio possono; quello su cui volevo riflettere è la sconcertante banalità e piattezza con cui i media tradizionali approcciano il tema del videoludo.
Già perchè a sentire Corriere, Repubblica, la Stampa e relativi “spin-off” settimanali pare che videogioco sia sinonimo di Playstation, Xbox o Nintendo, pare che controller sia sinonimo di Joypad, pare che tutto ruoti attorno e in funzione di quei 2 o 3 marchi di scatolette, attori e registi dell’infinita telenovela del videoludo.

Forse qualcuno dovrebbe mostrare al Toniutti (o a chi per esso) l’altra faccia della medaglia, quella dei videogiochi veri, dell’esplosione di massa del fenomeno, dell’evoluzione hardware e software, della svolta multiplayer con i suoi innumerevoli risvolti sociali.
Vogliamo parlare del vero boom del videogioco? Quando tra i milioni (o miliardi) di pc sparsi per il globo si contavano più copie shareware (o pirata…) di DooM rispetto a quelle di Windows?
Oppure dell’evoluzione da sprite bidimensionali ad acceleratori 3D, con relativa corsa tra produttori hardware (3DFX, Nvidia, Ati, Sis e tanti altri), per non parlare della nascita del fenomeno multiplayer tra fps e rpg, con la comparsa dei primi clan, gilde, allenamenti e clanwar, fino a veri e propri campionati con risvolti tecnici e sociali tutt’altro che indifferenti?
Vogliamo parlare dell’unica e vera piattaforma videoludica universale, che risponde al nome di PC?

Forse i cosidetti esperti di tecnologia ingaggiati dalle grandi testate dovrebbero riflettere un po’ sul ruolo dei “big” dell’intrattenimento tecnologico, vero e proprio freno tecnologico allo sviluppo dei videogiochi.
Potrebbe valere la pena riflettere sull’immobilismo tecnico dei titoli presentati negli ultimi anni, costretti a non evolvere a causa della scarsa potenza delle due “scatolette” di punta di Sony e Microsoft (PS3 e Xbox 360).
Si potrebbe obbiettare anche sulle politiche dei prezzi bloccati in tutto il mondo, un regime di duopolio di fatto, che costringe gli utenti a spendere cifre CRIMINALI per titoli dalla longevità RIDICOLA.
Che dire poi del costante impoverimento del gameplay, con videogiochi che ormai “si finiscono da soli”, novelli Sfornatutto dell’intrattenimento tecnologico in cui il livello di sfida è tendente a zero, dove chiunque deve essere in grado di arrivare alla fine senza sforzo (un gioco difficile genera orde di consumatori frustrati, i quali difficilmente correranno agli scaffali di fronte all’ennesimo seguito di un seguito di un seguito di un titolo di punta)

Cari Toniutti di turno, riflettete bene prima di osannare i vostri vitello d’oro tecnologici, perchè sono loro che hanno trasformato l’arte del videogioco in un becero prodotto da vendere, banalizzato all’inverosimile, spogliato di tutto quello che ha reso grande quest’arte.

21/03/2010

Dragon Age: Origins

Premetto che questo non sarà uno di quegli interminabili My2Cents a cui ero abituato e affezionato, purtroppo il tempo che ho a disposizione è poco, vista l'importanza del titolo in questione ci tengo a buttarle giù a caldo, per non ritrovarmi al solito con articoli infiniti relegate in altrettante infinite bozze.

Dopo la bellezza di 82 ore 13 minuti e 40 secondi di gioco ho terminato il famoso e celebratissimo Dragon Age Origins, la punta di diamante della più blasonata tradizione crpg occidentale, l'erede ideale della gloriosa stirpe crpg Bioware.

Ammetto che per me è stata una avventura strana, per certi versi contraddittoria, è stato il primo gioco che ho acquistato in un negozio italiano dopo tanti (ma proprio tanti…) anni di fedele acquisto online su siti esteri. E' stato il ritorno del mio genere preferito nella forma che ho sempre preferito, un gioco che avrei dovuto trovare familiare, ma che invece mi ha stupito a causa di tutti gli anni di astinenza da questo particolare genere crpg. E infine è stato un gioco che mi è particolarmente piaciuto più per gli aspetti secondari che non per quelli principali.

Giusto per chiarirci subito il mio giudizio è positivo, DAO è un gioco bello, bello, bello, che merita l'acquisto (anche al prezzo da “furto con scasso” tipico dei negozianti italiani) e che sa soddisfare quasi tutti, dal neofita cresciuto a pane e WoW, al vecchio marmittone che ricorda ancora con nostalgia le nottate passate a Britannia.
Non a caso il titolo in questione ha goduto di un giudizio positivo pressoché unanime, e con questo non mi riferisco certo alla stampa specializzata (facilmente addomesticabile…), ma a tutti i newsgroup e forum dove generalmente è difficile ottenere una accoglienza così calorosa in modo così netto; tipicamente quando un gioco è oggettivamente bello, i bastian contrari spuntano dalle fottute pareti (cit), mentre con DAO questo fenomeno è stato straordinariamente ridotto, per non dire irrilevante.

Tecnicamente si è detto di tutto e non starò certo a mettere alla prova la pazienza di chi mi legge decantando le lodi alle texture o alla fluidità del gioco.
In rete si è velatamente criticata una certa ripetitività degli arredamenti e delle ambientazioni chiuse, io francamente non ci ho fatto quasi caso, ricordo giusto le casse che contengono tesori come ripetitive, per il resto trovo che questa critica non rappresenti poi un difetto reale o significativo.

La storia è chiaramente ispirata ai canoni classici della tradizione tolkeniana, ciò nonostante ho trovato interessante l'alternativa rappresentata dai Custodi Grigi, i guardiani del mondo libero di Ferelden, gli unici in grado di opporsi alla Prole Oscura e agli Arcidemoni che la comandano.
Apparentemente la trama si sviluppa attorno al solito, trito e ritrito duello tra bene e male, non fosse che i suddetti Custodi rappresentano una ventata di neutralità, di equilibrio tra un bene forse non così apparentemente candido (che fa uso di schiavi, che isola i diversi, che sfrutta i deboli) e un male per certi versi visto come una forza inevitabile e ciclica.
Sarò di parte, ma la trama e il mondo di DAO mi pare facciano riferimento più alla tradizione di Dragonlance che a quella di Lord of the Rings.

Se poi passiamo dalla visione generale dell'avventura ai dettagli delle singole aree o delle singole quest o sotto-trame, si scopre un sottobosco di continue scelte, di quest secondarie narrativamente tutt'altro che banali.
Si scoprono personaggi fantastici, caratterizzati in modo a dir poco magistrale, con innumerevoli sfaccettature e dettagli narrativi, tutti da scoprire con calma e attenzione attorno al falò dell'accampamento. E' proprio a questo punto, nel luogo più estraneo alla trama del gioco, che ho trovato gli spunti più belli, i dettagli più succosi, piacevoli e inaspettati, la spietata Antiva, la cultura Qunari e tanto altro, svelato man mano che mi perdevo a bighellonare in interminabili dialoghi con i membri del mio party.
L'unico aspetto che secondo me poteva essere realizzato meglio è la comparsa degli oggetti e dei png legati alle quest secondarie, che appaiono sempre dal nulla, quasi teletrasportati non appena si attiva la quest; oltre a rappresentare una scelta “scenica” piuttosto infelice, questa comparsa improvvisa in location magari già visitate rende gli oggetti e i png fin troppo visibili e chiaramente associati alla quest.

Le meccaniche di gioco sono state ampiamente trattate online per cui non mi dilungherò su questo aspetto, trovo solo assurdo che siano passati così tanti anni dall'ultimo crpg party based, considerando quanto questa modalità di gioco sia amata dal pubblico di tutto il mondo (e il successo di DAO lo dimostra ancora una volta…).

Ho letto alcune critiche ai dialoghi presenti nel gioco, ritenuti troppo lunghi da qualche giocatore (forse troppo abituato a usare il joypad…), inutile dire che dissento totalmente da chi ha affermato tutto questo.
I dialoghi di DAO sono assolutamente equilibrati, oltre che ricchi di scelte che influenzano i rapporti con i membri del party; capita ad esempio che un dialogo venga interrotto improvvisamente da un membro del party non d'accordo con la scelta che il giocatore ha effettuato, aprendo la discussione a nuove scelte, ad esempio troncando la discussione in modo autoritario, cercando di trovare una via di mediazione alle diverse opinioni emerse, ignorando le rimostranze etc etc…
Ovviamente il tutto influenzerà la propria reputazione da parte di quel personaggio, il che si ripercuote in bonus o malus in abilità caratteristiche dello stesso.

Inventario e il sistema di commercio sono stati realizzati egregiamente, il numero di oggetti, armi e armature è adeguato, e la possibilità di incantare le stesse con rune magiche aumenta la variabilità dell'inventario (il meccanismo poi è reversibile e totalmente gratuito).
Riguardo all'inventario mi è successa una cosa abbastanza curiosa, nella fase iniziale del gioco ero tutto intento a selezionare con cura gli oggetti, le armi e le armature da utilizzare… poi dopo la metà del gioco è scattato un meccanismo che francamente non mi è mai capitato: ho cominciato a ignorare bellamente statistiche e peculiarità degli oggetti, e ho cominciato a selezionarli basandomi su un solo parametro, la bellezza estetica :)
Vi sembrerà una cosa banale, ma mi ha appagato molto più vedere il  party bardato di tutto punto, che vederlo spazzare via avversari più facilmente.
Per concludere mi sento di fare solo un piccolo appunto alle magie, molto belle, scenografiche, utili e tatticamente valide, però… poche :\

Ohibò… mi ero ripromesso di essere telegrafico, e invece mi sono ritrovato a scrivere il solito papiro, pazienza :)
Che dire, anche secondo me Dragon Age Origins merita di entrare nell'olimpo dei migliori titoli del genere crpg insieme ad altre pietre miliari come Baldur's Gate 1 e 2, agli Ultima Underworld, a Gothic e a tanti altri.
I suoi ingredienti sono un combattimento equilibrato, tattico e divertente, una gestione del party davvero ben studiata, personaggi davvero superlativi e una trama che potrebbe sembrare scontata, ma che presenta sfumature, risvolti politici e sociali, oltre a sorprese in quantità.

Consigliatissimo :)

31/01/2010

The Elder’s Scroll III: Morrowind

Correva l'anno 2002, il mondo si risvegliava dopo l'incubo dell'11 settembre, in Italia era l'anno dei girotondi, degli scontri sull'articolo 18, l'anno del tracollo finanziario argentino e di tanti altri eventi che hanno segnato la storia di questo inizio di secolo.

Dal punto di vista videoludico il 2002 però verrà sicuramente ricordato per l'uscita di uno dei titoli che più hanno segnato, non solo il proprio genere, ma la storia dell'intera arte videoludica.
Il titolo in questione fu "The Elder's Scroll III: Morrowind".

Da parte mia non accolsi Morrowind con grande calore, ai tempi ero uno dei tanti fieri possessori di schede video 3dfx Voodoo3 3000, l'erede di una stirpe gloriosa di acceleratori grafici, forte della sua autonomia e della sua storia, ma che ahimè andava a cozzare con il titolo in questione.
Anzi, ad essere sincero provai rabbia nei confronti di Bethesda per aver scientificamente scelto di escludere buona parte dei suoi fan per una stupida scelta di marketing che avvantaggiava la viscida concorrenza NVidia, passai ore e ore disquisendo di questa scelta inutile e controproducente su forum e newsgroups…

Parecchio tempo dopo, a seguito di un upgrade del comparto video, potei finalmente mettere le mani sul titolo in questione. All'inizio non furono certo rose e fiori, i bug erano tanti, le lacune quasi incolmabili, e sembrava che ad ogni difetto ci fosse una soluzione solo tra siti di modding e forum di appassionati, ovunque tranne che sul sito ufficiale.
Lo giocai, le esplorai in lungo e in largo, lo terminai, ma nonostante la magnificenza, la complessità e la grandiosità del progetto non seppe mai soddisfarmi come il suo glorioso predecessore "Daggerfall".
Mi rimase in bocca il classico sapore amaro delle occasioni perdute, delle opere lasciate a metà, di fronte alla perfezione dei titoli che l'avevano preceduto (Baldur's Gate & C) o che si stavano affacciando sugli scaffali (Neverwinter Nights), il neonato titolo Bethesda risultava trasudare pressapochismo dovuto non tanto all'incapacità del team di sviluppo, ma alla eccessiva difficoltà dell'obbiettivo da raggiungere. Insomma lo considerai (e considero ancora oggi) il classico passo più lungo della gamba…

Però si sa, al destino non manca il senso dell'ironia… Passò la proverbiale acqua sotto gli altrettanto proverbiali ponti, e un giorno, nel bel mezzo della mia collaborazione con il mitico Lello "Wolverine" Sarti su RPGPlayer.it, venni in contatto con quello che diventerà il più famoso gruppoitaliano  di traduzione amatoriale videoludica, l'Italian Translation Project (ITP).
Il gruppo, capitanato dall'infaticabile Daniele "Falcocadarn" Falcone, si era già fatto le ossa con la traduzione di un'altra pietra miliare del genere crpg, quel Planescape Torment (di cui potete trovare la traduzione qui) che ancora oggi rappresenta la punta di diamante del filone "narrativo" del gener; e così, tra un meeting genovese e l'altro, tra una lasagna al pesto e un pezzo di focaccia, decisi di partecipare.
Il caso volle che il nuovo obbiettivo fosse proprio quel celebre Morrowind che mi ero lasciato alle spalle senza troppo entusiasmo, di nuovo un guanto di sfida lanciato da Bethesda :)

E fu così che dopo innumerevoli nottate di lavoro vide la luce questa leviatanica traduzione, un capolavoro (imho) forse più del titolo stesso oggetto della traduzione, uno sforzo che spero venga apprezzato e che vi ripropongo di nuovo in coppia con Cristian "Skyflash" Castellari, anch'egli membro del team di traduzione.
Spero che questo piccolo spazio possa servire a qualche nuovo giocatore in erba ad apprezzare il lavoro svolto da Bethesda, ma soprattutto possa fargli capire quanta dedizione e sacrificio siano stati infusi in questa traduzione da tutti i ragazzi, volontari e non retribuiti, che hanno partecipato traducendo, organizzando, coordinando, insomma rendendo possibile questa grande opera.

Un grazie di nuovo a Cristian Castellari che è riuscito a riesumare la traduzione delle nebbie della rete (a volte più fitte che in quel di Barovia…).

SCARICA LA TRADUZIONE DI MORROWIND E BLOODMOON by ITP
(md5sum 85fb6dc092bf23158ae90415a0739662)

SCARICA LA TRADUZIONE DI TRIBUNAL by ITP
(md5sum 34415d8c98dd0659aea1e9b15e5ed93a)

08/12/2009

Crysis Warhead

Finito Crysis Warhead :)

Devo ammettere di essere rimasto piacevolmente sorpreso da questo fps, pur trattandosi di un semplice data disk ha saputo trasmettere tensione, divertimento ed emozioni come invece l'originale titolo Crytek non è stato in grado di fare a suo tempo.

Dal punto di vista tecnico nulla da eccepire, il gioco è gran bel vedere (e su questo credo che nessuno abbia nulla da ribattere) anche se bisogna ammettere che la pesantezza dell'engine grafico si fa sentire ancora oggi dopo 2 anni abbondanti dall'uscita del titolo.
A onor del vero devo ammettere che il mio approccio con Crysis risale a parecchio tempo fa (poco dopo la data di uscita ufficiale), con hardware della precedente generazione rispetto a quello con cui ho giocato Warhead (soprattutto per quanto riguarda il comparto video); ciò nonostante quello che mi aveva deluso in Crysis non era tanto l'aspetto tecnico/grafico, quanto una innegabile ripetitività negli scontri, una mancanza di "regia" nella trama del gioco e un inventario bellico non certo esaltante.

In questo senso Warhead rappresenta una notevole raddrizzata in tema di game-design.
Le locazioni di gioco sono molto meglio distribuite, gli scontri sono molto più equilibrati, per non parlare della trama, ora molto più interessante ed emozionante. Al freddo Nomad si sostituisce il marmittone britannico Psycho, molto più emotivo e coinvolto nella vicenda.

Ora vediamo un po' come si comporta in multiplayer questo benedetto Crysis Wars

15/10/2009

Italian Translation Project

Correva l’anno 1999 quando, in pieno boom dei CRPG, Black Isle Studios rilasciò il suo attesissimo Planescape: Torment. Il gioco, basato sulle regole di Advanced Dungeons and Dragons, era ambientato nell’universo parallelo di Planescape, e si contraddistinse da subito per l’enorme mole di testo e per un gameplay molto orientato al dialogo ed agli effetti delle proprie scelte piuttosto che alla forza bruta.

I temi affrontati si contraddistinguevano per i loro colori forti ed adulti, andando a toccare la religione, il confine fra la vita e la morte e teorie esistenziali.

Il protagonista, il Nameless One (il Senza Nome), si risveglia in un mondo abitato da morti e, in compagnia del simpatico ed a tratti logorroico “Morte” – un teschio fluttuante – inizierà la sua missione con lo scopo di risolvere due fondamentali quesiti: conoscere il proprio passato e tornare mortale.

Il gioco, malgrado la sua indiscutibile qualità (ancora oggi viene definito da molti come il miglior CRPG mai prodotto per computer) ha avuto una scarsa diffusione nel nostro Paese, anche a causa della scelta operata dal distributore, CTO di Bologna, di non tradurlo. Scelta comprensibile vista la mole di testo a video, ma molto svantaggiosa per i giocatori non ferratissimi in Inglese, visto che i dialoghi sono ricchi  di slang e modi di dire, e quindi terribilmente complessi da leggere e comprendere per i più.

Alcuni mesi dopo l’uscita del gioco nei negozi un gruppo di ragazzi decise di riunirsi, e di mettersi al lavoro su quella che passerà alla storia come la traduzione amatoriale più grande, complessa e di qualità che sia mai stata realizzata in Italia. Quel gruppo prese il nome di ITP – Italian Translation Project –

Fu un lavoro enorme, vista la ferma intenzione dei ragazzi di mantenere quanto più possibile lo stile dei dialoghi in slang, portandoli in una lingua comprensibile per i propri connazionali. Non si fecero remore nel tradurre parole anche non politically-correct, quelle parolacce ed imprecazioni che 10 anni fa nessun editore si sarebbe mai sognato di inserire nelle proprie traduzioni. Ci vollero piu’ di due anni ma alla fine, in pieno 2002, il lavoro venne rilasciato.

Da allora l’ITP si è dedicato ad alcune delle traduzioni più importanti:

   1. Arcanum
   2. Divine Divinity
   3. Morrowind: Bloodmoon
   4. Morrowind: Tribunal
   5. The Elder Scrolls: Morrowind

Questo piccola pagina nel mare tempestoso della rete nasce prendendo spunto da questo post pubblicato da Cristian Castellari sul proprio sito.
Anch'io come lui ho collaborato con l'ITP, anch'io come lui ho partecipato alla traduzione di Morrowind, anch'io come lui ho dato il mio piccolo contributo ad un'opera che definire storica è dir poco.

Come Cristian (dopo anni passati a leggere i rispettivi interventi sui innumerevoli newsgroup permettimi questa confidenza :) ), anch'io ho deciso di mettere a disposizione il mio sito per permettere a chiunque di godere dei frutti di tanta passione e tanta dedizione.
Purtroppo il sito dell'ITP è ormai perso, e con esso sembrano svaniti i vari mirror che ne ospitavano le traduzioni, se qualcuno dovesse recuperare qualcuno di questi progetti può contattarmi tramite l'apposita form.

SCARICA LA TRADUZIONE DI PLANESCAPE TORMENT by ITP
(md5sum f0277d4534a4bc0f5cf424b8247e317d)

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