26/08/2013
internet.org
Durante questa settimana un po’ tutti i media non hanno lesinato elogi di fronte alla filantropica iniziativa di Mark Zuckerberg internet.org, ma quanto c’è veramente di filantropico dietro a questa mossa?
Vediamo di capirci un po’ meglio, partiamo dal presupposto che questa iniziativa sia veramente filantropica, insomma una roba alla “one laptop per child” che permetta alle popolazioni che vivono in paesi economicamente svantaggiati di acculturarsi e migliorare la propria vita o la società in cui vivono.
Prendiamo quindi ad esempio la nostra società, che bene o male questi mezzi già li possiede (più o meno…) e osserviamo quanto il web migliora la nostra vita; certamente è uno strumento utile, ci permette di raggiungere informazioni di cui non eravamo a conoscenza, ci permette di partecipare e di contribuire a questa “conoscenza globale” sottoforma di post sui blog, di interventi sui forum, di discussioni sui newsgroup.
Ma in realtà quante delle attività online sono finalizzate a tutto questo?
Qual’è invece il peso delle attività futili, certamente divertenti, ma scarsamente educative o comunque migliorative della nostra condizione di esseri umani?
Tutti i milioni di utenti che popolano i social network e che si scambiano miliardi di informazioni sottoforma di brevi messaggi da 160 caratteri, immagini più o meno divertenti, fotografie taggate e click su “mi piace”, quanto sono significativi in termini di contributo all’umana evoluzione? Qual’è il peso di un post su twitter o di una foto taggata rispetto chessò ad un post di un paio di pagine su un blog?
Per carità, anche il post su un blog o una discussione su un forum può essere frivola, divertente e intellettualmente non elevata, ma presuppone una attività partecipativa che comporta una riflessione.
Se poi andiamo a vedere le statistiche scopriamo che la propensione a intraprendere attività intellettualmente stimolanti online è fortemente influenzata dalla classe sociale in cui si è cresciuti e dove si vive, quindi in parte anche dal livello di istruzione e dalla curiosità intellettuale che anima gli individui in questione.
Se guardiamo i dati il gap tra gruppi con differente livello di scolarità è pressochè costante, al contrario la diffusione di connettività broadband e dispositivi tecnologici che permettono accesso alla rete è talmente pervasiva ed esponenziale da aver praticamente saturato il mercato invadendo qualsiasi fascia di reddito o gruppo sociale.
Quindi se la diffusione capillare della tecnologia non ha sostanzialmente migliorato le condizioni di vita nel mondo occidentale, perchè dovrebbe farlo in paesi dove i problemi principali sono la scarsità di acqua potabile, di cibo, di strumenti per lavorare e di scuole?
Siamo proprio convinti che un tablet o uno smartphone connessi al web a qualche decina di Kbps siamo risolutivi?
Non è forse più ragionevole pensare che sia prioritario fornire i mezzi di sostentamento necessari, migliorare il livello di istruzione e forse POI fornire accesso al web in modo da sviluppare quelle attività intellettualmente stimolanti che possono portare a una maggiore consapevolezza dei problemi di ciascuna comunità?
In realtà Zuckerberg e i suoi compagni di merende sono solo alla spasmodica ricerca di nuovi mercati da cui attingere utenti per i loro servizi (senza i quali chiuderebbero prima di subito), possibilmente attraverso dispositivi che meglio si adattano ai loro servizi, ovvero smartphone e tablet.
Non è un caso che gli strumenti prediletti siano questi, dispositivi scarsamente interattivi e generalmente usati in modo molto passivo, perfetti per postare brevi messaggi (non certo per scrivere un lungo e noioso post come questo) o per fare browsing, gli strumenti perfetti per definire se stessi sulla base di parametri comprensibili dal mercato (sei single, accoppiato o in cerca di partner? quali libri ti piacciono? quali film ti piacciono? etc etc etc…), guardacaso l’obbiettivo di società che vivono di data mining come Facebook o Google.
Non solo, alla base di tutto questo vi è una dottrina molto popolare in California che risponde al nome determinismo tecnologico, che vede nella tecnologia la via maestra per risolvere tutti i problemi (sociali, politici, economici etc etc) del pianeta, basti pensare che qualche invasato di questa scuola di pensiero è arrivato a teorizzare che con un manuale di javascript da 100 $ un homeless potrebbe arrivare a risollevarsi e migliorare la propria condizione di vita…
Qui il cerchio si chiude, io non giudico negativamente Zuckerberg o suoi sodali per il tentativo di espandere i loro potenziali utenti (qualcuno ha detto prodotti?), non sopporto però che tutto questo venga mascherato da iniziativa filantropica, perchè è falso e vergognoso nei confronti di coloro che vivono in condizioni di totale povertà, spesso a causa degli interessi occidentali.