30/07/2014

Why Don’t I Criticize Israel?

Seguendo i sempre interessanti spunti del prolifico Richard Dawkins sono giunto a un interessante podcast del filosofo Sam Harris in merito alle tragiche vicende che stanno avvenendo a Gaza City e più in generale nella striscia di Gaza.

Devo confessare che ho sempre trovato particolarmente interessanti le vicende mediorientali, le guerre Arabo-Israeliane, il conflitto tra popolo palestinese e lo stato di Israele, prima ancora il movimento sionista e la formazione stessa dello stato di Israele.
Del resto sono nato in un periodo caldo, quando la lotta dell’OLP era al culmine, la questione palestinese era praticamente all’ordine del giorno, e ogni sera durante la tradizionale carrellata di telegiornali (che allora reputavo noiosi e ripetitivi, col senno di poi ringrazio i miei genitori per avermi educato tenendo in così grande considerazione l’informazione e soprattutto l’attenzione alla pluralità delle fonti di informazione) lo scontro tra intifada e insediamenti israeliani era la norma.
Con il tempo l’argomento è diventato routine, ma l’interesse forse maturato allora mi ha spinto a documentarmi, tra saggi storici sulla fondazione dello stato ebraico, sulle guerre che ne sono conseguite, sui protagonisti di quelle vicende storiche, sulle critiche piovute da una parte e dall’altra, insomma ho sentito il bisogno di capire le radici di quello che ormai tutti consideriamo un conflitto scontato…

A tal proposito è interessante l’articolo di Harris perchè rappresenta un raro punto di vista laico, quando si parla di mondo arabo siamo abituati a identificarlo con musulmano, e quando si parla di Israele si è portati a pensare a gruppi ultraortodossi, dimenticando invece che la Palestina è storicamente una delle nazioni più laiche dell’area mediorientale, mentre Israele (sebbene abbia una connotazione culturale fortemente radicata) è uno stato ben più laico di quanto non siano tanti altri (ad esempio l’Italia o gli Stati Uniti d’America).

A mio parere l’argomento è troppo complesso e troppo traboccante di variabili per prendere le parti di Israele o del popolo palestinese, riconosco molti spunti interessanti nell’articolo di Harris, trovo però che ci siano degli aspetti lacunosi o che da un po’ troppo per scontati.

Hamas viene citata solo in chiave terroristica, e per quanto siano assolutamente da condannare gli atti di violenza, dimentica di far presente che la creatura dello sceicco Yassin è nata a scopo caritatevole e per fornire servizi che anche a causa della stretta israeliana l’OLP non poteva garantire (anche a causa della corruzione presente nella stessa…).
Hamas è una conseguenza (involontaria) della politica sconsiderata di Israele nei confronti del popolo palestinese, che ha colmato lacune create dalla pressione israeliana focalizzata a non permettere la creazione di uno stato palestinese, riguardo a Gaza poi, come purtroppo osserva il celebre giornalista Gideon Levy, “la verità (amara) è che tutti se ne fregano di Gaza quando non spara missili contro Israele”.
Ormai la stampa occidentale è allineata e compatta nell’associazione tra Hamas e terrorismo, dimenticando che volenti o nolenti è l’unico interlocutore di Israele, e che spesso le richieste che pone come base per le trattative sono tutt’altro che estremiste.

I presupposti culturali citati da Harris sono sacrosanti, Israele non usa scudi umani, non prevede la cancellazione dei musulmani nella sua costituzione, però dobbiamo ricordare che ci sono fior di risoluzioni ONU che impongono a Israele condizioni che lo stato ebraico rifiuta, non ultima la celebre risoluzione del consiglio di sicurezza ONU 242, oppure che da anni è in atto un preciso disegno politico che estremizza lo scontro rendendo impossibile la vita alla nazione palestinese.
Forse il governo israeliano dovrebbe tener presente che questa corsa ad alzare continuamente la posta in gioco ha liquidato l’OLP in favore di Hamas, aggiungendo a una causa nazionale laica aspetti integralistici, il prossimo step quale sarà? Liquidare Hamas in favore di qualche gruppo ancora più integralista per poter giustificare altre azioni ancora più tragiche?

Siete proprio sicuri che questo gettare benzina sul fuoco sia una scelta saggia? Io no…

14/07/2014

OVH VPS Classic

Eccomi qui a distanza di un anno esatto ad affrontare l’ennesima migrazione del blog (che ormai somiglia sempre più a un ambiente di test per provider).

Dopo aver aver provato l’ottimo servizio di hosting di Siteground ho mio malgrado deciso di cambiare aria, non certo per la qualità del servizio (sempre ottima), ma per una pura questione di costi; al termine dell’anno promozionale l’hosting condiviso base di Siteground lievita a quasi 100 $ l’anno, decisamente troppo per il mio target.

A questo punto il dubbio amletico: hosting o vps?
OVH ha deciso di togliermi ogni dubbio in merito con una offerta che francamente ha del miracoloso, ovvero VPS Classic:

  • 1 CPU Opteron 4284 3GHz
  • 1 GB di ram
  • 10 GB di storage
  • banda e traffico a carrettate

…il tutto alla modica cifra di 2,43 € al mese iva inclusa.

Il servizio di primo acchito sembra essere ottimo, ordine e pagamenti semplici e immediati, tempo 5 minuti dal pagamento e sarete già connessi in ssh al vps.

ovh-vps1

L’interfaccia di amministrazione è pulita e molto funzionale, la schermata principale mostra le risorse della macchina, gli ip, lo stato dei servizi in ascolto (http, https, ssh, dns, smtp e raggiungibilità via ping) e poco altro.
Accedendo ai menù avanzati è possibile verificare l’andamento delle principali risorse in modo più dettagliato, riavviare, modificare la password di root (il che causa un riavvio del vps), modificare il contratto o rinnovarlo, e reinstallare il vps scegliendo tra diverse distribuzioni (Debian 6 e 7, CentOS 6, Ubuntu 13.10 e 14.04) o setup che comprendono alcuni dei cms più diffusi o pannelli di amministrazione.

Ovviamente non manca un comodo KVM che permette di accedere alla console del vps, giusto nel caso abbiate pasticciato un po’ con la rete e iptables.

OVH - VPS

Le performance sono… eh no, queste le vedremo prossimamente, diciamo che per ora sono più che soddisfatto :D

23/06/2014

Cygwin-X

L’inventore di Cygwin meriterebbe una statua in ogni piazza, non è la prima volta che lo affermo ma non sarà di certo l’ultima.

Una delle innumerevoli features utilissime di questo fantastico software è il server X, indispensabile se lavorate su server GNU/Linux o Unix per poter utilizzare applicazioni che hanno una interfaccia grafica o richiedono un server grafico.
Qualcuno pensa che “il sistemista che non deve chiedere mai” può vivere di sola command line, in realtà però molti software enterprise ormai possono essere installati solo tramite installer grafici, pertanto un server X è ormai parte del corredo di sopravvivenza di qualsiasi sistemista.

L’installazione è estremamente semplice, scaricare dal sito https://www.cygwin.com/ l’ultima versione del setup di cygwin per l’architettura che preferite (x86 o x64), piazzatelo in una directory (es c:\cygwin\setup) e  lanciatelo.

cygwin-x01

1) Proseguite nei primi passi dove selezionare l’origine dei pacchetti (suggerisco “Install from Internet” se avete la possibilità di connettervi a web mediante protocollo http o ftp)
2) Selezionate la root di cygwin (es c:\cygwin)
3) Confermare la directory che conterrà i package scaricati (es c:\cygwin\setup)
4) Infine inserite l’eventuale proxy necessario per raggiungere il repository dei pacchetti di installazione e selezionate un mirror a piacimento.

Dopo avere scaricato l’elenco aggiornato dei package vi verrà mostrata la schermata riassuntiva dei pacchetti da installare, nell’angolo superiore sinistro troverete un’area di testo dove potete ricercare specifici pacchetti, quelli che dovrete installare per avere un server X funzionante sono:

  • xorg-server
  • xinit
  • xorg-docs

Cercate ciascuno di questi e selezionateli per l’installazione cliccando sulla label “Skip”

cygwin-x02

cygwin-x03

cygwin-x04

Cliccate su Avanti per proseguire nel wizard, la schemata successiva mostrerà i pacchetti che saranno installati come dipendenze dei tra selezionati.

cygwin-x05

Installazione terminata

cygwin-x06

 

A questo punto tra i programmi installati dovrebbero essere comparsi il gruppo Cygwin-X contenente il collegamento per lanciare il server X (XWin Server), se provate a lanciarlo comparirà nel systray l’icona del server X avviato in background e si aprirà un terminale grafico (xterm).
Personalmente trovo questa cosa piuttosto noiosa, per eliminare l’apertura di xterm all’avvio del server X basta creare nella home del proprio utente il file nascosto .startxwinrc, per farlo aprite un terminale di cygwin e digitate “touch .startxwinrc”.

Un’altra cosa imho molto comoda è avviare il server X immediatamente al boot (o al login di del proprio utente), per farlo basta creare un collegamento nella folder Esecuzione automatica (per chi utilizza Windows 8 si trova sotto %AppData%\Microsoft\Windows\Start Menu\Programs\Startup) che lanci questo comando:

<ROOT DI CYGWIN>\bin\run.exe -p /usr/X11R6/bin XWin -multiwindow -clipboard -silent-dup-error

Prima di testare il nostro fiammante server X occorre un ultimo semplice passaggio, dobbiamo esportare la variabile DISPLAY, per farlo possiamo lanciare il comando “export DISPLAY=:0.0″ oppure modificare il file .bash_profile presente nella home del nostro utente (per fare in modo che la variabile venga esportata automaticamente all’apertura del terminale, ricordatevi di chiudere e riaprire il terminale stesso) inserendo in coda DISPLAY=:0.0

Finalmente ci siamo, provate a connettervi mediante ssh ad un server avendo l’accortezza di aggiungere l’opzione -X (oppure -Y se volete abilitare il forward trustato) e lanciate una qualsiasi applicazione grafica (es xeyes)

cygwin-x08

Bingo!

19/06/2014

Bash history

Lavorando su macchine GNU/Linux 9 volte su 10 ci si trova ad avere a che fare con la bash, e in molti casi diventa essenzialmente scavare nella history per recuperare comandi già lanciati o dimenticati risparmiando così parecchio tempo.

La history è conservata nella home di ciascun utente nel file nascosto .bash_history e per visualizzarne il contenuti è sufficiente lanciare il comando history, eventualmente greppando qualsiasi cosa possa servire:

history-grep

In realtà questo modo di interrogare la history è spesso molto macchinoso e lento, può essere utile per documentare o per farsi un’idea su una serie di comandi lanciati in serie, ma per un uso “on the fly” della history è poco utile.

Esiste un altro modo molto più veloce e immediato che ho notato pochi conoscono (almeno all’interno della mia cerchia di colleghi, clienti e collaboratori), ovvero lo shortcut CTRL+R.

ctrl-r_1

Usando questa veloce scorciatoia si abilita una ricerca inversa nella history, digitando il comando lanciato la bash precompila il resto utilizzando il record più recente della history che comincia con quanto è stato digitato, se occorre recuperare un comando più vecchio che inizia nello stesso modo basta premere di nuovo CTRL+R per passare ai precedenti.

ctrl-r_2

Se invece preferite eliminare i record presenti nella history (perchè ad esempio contengono password o informazioni critiche che non dovrebbero essere visibili da altri utenti) potete cancellare il file ~/.bash_history oppure più elegantemente lanciare il comando “history -c”

history-c

 

May the bash be with you!

12/06/2014

Un po’ di risorse…

E’ da settimane ormai che vivo in crunch-mode, vorrei documentare tante cose che sto facendo (spesso 2, 3, 4, 19 contemporaneamente…) ma purtroppo qualcuno ha deciso che le giornate sono solo di 24h, per cui tra cibo+sonno e blog, scusate tanto, ma scelgo i primi.

Nel frattempo ne approfitto per far ingolosire qualche amico che so che segue queste sciagurate pagine :D

blade

« Post precedenti | Post successivi »