A volte capita di dover tamponare situazioni impreviste o una pessima analisi e progettazione di un sistema con qualche pezza.
Prendiamo ad esempio una directory temporanea dove qualche servizio va a scrivere quantità industriali di file, il buon senso vorrebbe che questi file fossero scritti su un volume ad-hoc, in modo che non vadano ad saturare tutto lo storage disponibile su un volume condiviso creando problemi anche su altri servizi che nulla hanno a che fare con quei file.
Se vi trovate ad affrontare una di queste situazioni su un server linux le soluzioni sono molteplici, una di queste è la creazione di un filesystem virtuale dedicato.
Questa soluzione non è certo la più elegante (un logical volume LVM è preferibile dal mio punto di vista) ma è quella che offre una flessibilità tale da essere implementabile pressochè in qualsiasi condizione, non necessità di nuovo storage, non richiede fermi, si implementa a caldo, non comporta operazioni invasive sui dispositivi esistenti.
Prima di tutto create un file che fungerà da device, per farlo utilizzate il comando touch
A questo punto utilizzate il comando dd per creare il dispositivo, per rimanere aderenti ai dispositivi utilizzati generalmente suggerisco di utilizzare una dimensione di blocchi pari a 4k (bs=4096), il numero di blocchi dipende dalla dimensione del dispositivo che volete configurare; nell’esempio tale dimensione è pari a 1GB (262144 blocchi * 4096 = 1073741824 byte, ovvero 1GB).
Create il filesystem con il consueto comando mkfs
Ora create una directory dove montare il nuovo filesystem e montatelo
Grazie al pastore tedesco per aver reso ancora più invivibile una città come Milano che già di suo è una bolgia infernale…
Grazie al pastore tedesco per aver reso ancora più congestionati un sistema di mezzi pubblici già al collasso…
Grazie al pastore tedesco per aver radunato la più grande folla di politici ipocriti e corrotti che si sia mai vista…
Grazie al pastore tedesco per avermi costretto a lavorare per il secondo week-end di fila in un presidio da un cliente tanto inutile quanto costoso…
Grazie al pastore tedesco per le belle parole vuote e l’ennesima immagine di una chiesa ipocrita e corrotta fine a se stessa, capace solo di svuotare completamente il messaggio cristiano che dovrebbe essere il suo fondamento e ragion d’essere…
Mi sembra passato un secolo dall’ultima volta che mi sono messo a scrivere due righe su un gioco, sono passati quasi due anni da quando Lotro mi ha fagocitato e da allora per me non c’è stato spazio per nessun titolo single player, ma questa è un’altra storia e ci sarà tempo per discuterne…
L’ultimo capitolo dell’illustre saga di Deus Ex era nella mia to-play list da parecchio tempo, dopo la bellezza di 37 ore di gioco ho terminato questa avventura e devo ammettere che ne è valsa veramente la pena.
Da parte mia le aspettative erano parecchie, del resto se quel geniaccio di Warren Spector con Deus Ex Invisible Wars non è riuscito nemmeno a sfiorare con un dito la bellezza del leggendario capostipite della saga, come potevano fare di meglio un gruppetto di ragazzotti canadesi semi sconosciuti?
Eppure ce l’hanno fatta, Sir Warren calati le braghe perchè Deus Ex Human Revolution è il vero erede di Deus Ex (sebbene tecnicamente si tratta di un prequel), mentre Invisibile Wars non è nient’altro che una caccola che ha saputo soltanto macchiare la reputazione di questo gioco.
Tecnicamente il gioco è nella media, non ci sono scene che rimangono particolarmente impresse, tantomeno effetti che provochino slogature alla mascella, del resto l’engine che muove il gioco è un penoso residuato bellico di fattura consolara più noto per aver mosso i celebri Tomb Raider che non per le sue eccezionali features.
La limitata capacità tecnica dell’engine si riscontra in molti aspetti, le aree di gioco non sono mai particolarmente ampie, i modelli sono piuttosto abbozzati (a questo si è posto rimedio usando texture piuttosto convincenti per i dettagli di alcuni personaggi, tra cui ovviamente il protagonista) e soprattutto sono estremamente ripetitivi.
Quest’ultimo aspetto, unito ad una generale passività dei png da l’impressione di trovarsi in un mondo fittizio popolato da manichini che occupano sempre lo stesso posto, aspetto piuttosto penoso per un gioco odierno.
Uno dei pochi aspetti positivi di questa scelta è la relativa leggerezza del gioco, dato che un tapino come il sottoscritto è riuscito a giocarci molto fluidamente in 1920×1200 con un pc antidiluviano (fatta esclusione per storage e GPU) composto da CPU Core2 Duo E8400@4GHz su mainboard con chipset Intel P35, 4GB di ram, SSD Crucial M4 128GB, Radeon HD7850.
Bene, ora che mi sono sfogato con gli aspetti negativi è giunto il momento di mettersi comodi e godersi il gioco, già perchè Deus Ex HR è bello, luridamente bello da giocare.
Anzitutto la trama è davvero appassionante e concorre a creare un’atmosfera carica di mistero e dubbi, dove ogni risvolto sembra celare tradimenti e secondi, terzi, quarti fini per quasi ogni personaggio coinvolto.
Proprio su questo aspetto il gioco ricorda tantissimo il mitico primo Deus Ex, si respira la stessa soffocante atmosfera di complotto e mistero, un mix tra X-Files e Blade Runner, un brodo in cui il carismatico protagonista Adam Jensen sguazza come un pescegatto nel fango.
E’ inutile che stia a descrivere la trama, godetevi il trailer e avrete un assaggio dell’atmosfera di gioco.
A proposito di trailer, anche su questo devo complimentarmi con il team di sviluppo, dato che sono riusciti a confezionare un filmato promozionale tra i più belli che mi sia mai capitato di vedere, il tutto riuscendo in pieno a trasmettere l’atmosfera del mondo in cui si svolge il gioco ma sviando totalmente lo spettatore; se dopo aver visto il trailer pensate di aver capito già tutto della trama vi sbagliate di grosso, quel trailer è un depistaggio in piena regola :D
Il gameplay è decisamente vario, e sebbene ci siano scorci di non linearità (sottoforma di quest secondarie) il gioco di fatto segue un percorso ben definito e tracciato dalla trama principale.
In genere le quest portano il giocatore ad districarsi in aree popolate da avversari dove è possibile raggiungere l’obbiettivo finale seguendo l’approccio che si preferisce; da quanto ho potuto sperimentare gli approcci si suddividono in letale oppure non letale, ciascuno di questo poi può essere perseguito facendo affidamento sulle abilità che si è deciso di sviluppare acquisendo miglioramenti cibernetici (augmentations).
E’ possibile ad esempio buttarsi nella mischia senza andare troppo per il sottile e sparacchiando con armi di vario genere (tutte caratterizzate da un’ottimo comparto audio e da una “cattiveria” convincente, si va dalla semplice pistola semi-automatica alle armi laser e al plasma, passando per fucili automatici, lanciarazzi, shotgun, fucili di precisione e l’immancabile balestra) oppure seguire l’approccio non-violento usando armi stordenti, sia a corto raggio che da grandi distanze.
In alternativa si può optare per un approccio totalmente stealth, intrufolandosi tra cunicoli e condotti di ventilazione, e in caso si dovesse incappare in un avversario si può ricorrere al combattimento melee (anche in questo caso con la doppia possibilità dello scontro letale o meno).
Da notare che i percorsi presenti nelle mappe presentano sempre diverse alternative, con un approccio standard accessibile a qualsiasi personaggio e con scorciatoie e vie privilegiate accessibili soltanto se si è deciso di “upgradare” il protagonista con delle augmentation ben precise (ad es il sistema per atterrare inermi da grandi altezze, oppure per saltare più in alto, per spostare oggetti molto pesanti, per respirare anche in ambienti tossici etc etc…).
A tutto questo si somma poi l’hacking, grazie al quale è possibile violare sistemi informatici, intrufolarsi nei sistemi di sicurezza e disattivare telecamere e sfruttare a proprio vantaggio i sistemi di sorveglianza robotici, tra cui torrette e veri e propri robot.
Chiaramente l’hacking non è l’unico modo per accedere a zone riservate (usando un approccio bellico ad esempio è possibile trovare addosso ai cadaveri numerosi pad con chiavi di accesso in modo da raggiungere gli stessi obbiettivi), ma vista la quantità industriale di sistemi che è possibile violare ritengo che sia una delle abilità fondamentali del gioco.
Qualunque sia il proprio approccio il mio spassionato consiglio è quello di non incapponirsi affrontando il gioco sempre nello stesso modo.
Questo ahimè è uno dei possibili difetti di Deus Ex HR, se si affrontano i livelli sempre nello stesso modo alla lunga il gioco tende a diventare ripetitivo; attenzione però, è un possibile difetto, dipende tutto dal giocatore e da come decide di evolvere Adam Jensen e di affrontare le sfide poste dagli sviluppatori.
Nel mio caso ad esempio sono partito con un approccio totalmente non-violento e basato su hacking e sneaking, poi mi sono evoluto in sneaking letale, per poi passare ad hacking letale (riconfigurazione di tutte la sorveglianza elettronica per attaccare gli avversari) mista poi all’uso delle armi vere e proprie, insomma di tutto un po’ :D
Se posso permettermi di dare un altro consiglio: non abbiate paura a spendere i punti per acquisire nuove augmentations o evolvere le esistenti. Se si affrontano tutte le quest secondarie e si gestisce in modo attento i propri fondi i punti non mancheranno, alla fine vi renderete conto di essere diventati un vero superuomo (o supermacchina?).
Qui però si pone un altro interrogativo, siamo proprio sicuri che i ragazzi di Eidos siano riusciti a calibrare per bene il livello di difficoltà?
Questione delicata, da una parte è evidente che nella parte finale del gioco il numero di augmentation disponibili sia tale da rendere Adam Jensen pressochè onnipotente, una via di mezzo tra Terminator, Ken il Guerriero e 007.
D’altra parte non si può non notare che nonostante tutti gli ammennicoli tecnologici gli scontri a fuoco e le situazioni di crisi sono sempre potenzialmente letali, basta una copertura non perfetta o un colpo di shotgun a media distanza per veder capitolare il nostro eroe.
Io credo che tutto sommato gli sviluppatori siano riusciti a trovare un buon equilibrio, il protagonista è si pressochè onnipotente nella fase finale di gioco, però non è mai immortale; Adam Jensen ha enormi risorse ma non illimitate e soprattutto è sempre piuttosto vulnerabile, ecco come i ragazzi di Eidos Canada sono riusciti a trovare la quadratura del cerchio su uno degli aspetti più difficili nello sviluppo di un videogioco.
Per concludere lasciatemi dire che Deus Ex Human Revolution è bello, bello bello! Vario, equilibrato, divertente nel gameplay, il tutto condito da una atmosfera da Oscar e da personaggi veramente ben caratterizzati.
Insomma è il classico gioco da non lasciarsi scappare, sia che siate appassionati di fps che di crpg.